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« il: 09 Ottobre 2007, 11:15:54 »
A parlare sono le cifre: 9.250 dollari per ognuna delle 24 canzoni scaricate, quindi 220mila dollari da pagare (circa 157mila euro). «Un conto ridicolo» ha commentato Jammie Thomas, la prima persona ad avere subito negli Stati Uniti una condanna in tribunale per aver scaricato illegalmente file mp3 nonostante le 26mila causa intentate dall'industria musicale.
Jammie Thomas è una nativa indiana della riserva di Mille Lacs Band of Ojibweha 30 anni, due figli e guadagna 36mila dollari l'anno: impiegherà più di 24 anni per saldare il conto, dal momento che il suo stipendio sarà decurtato di un quarto ogni mese. «Si tratta di un messaggio, spero, sul fatto che scaricare e distribuire i nostri dischi non è lecito» ha dichiarato il procuratore che ha difeso le case discografiche, Richard Gabriel. Tra queste figurano la Sony BMG, Arista Records, Interscope Records, UMG Recordings, Capital Records e la Warner Bros records.
Casi simili in passato si erano risolti con un accordo tra le parti, ma non è stato il caso della Thomas che ha negato fin dall'inizio ogni addebito e dice di essere stata presa di mira da SafeNet, l'agenzia che monitore il traffico sul web di materiale protetto dal copyright per conto delle major. A nulla è valso il tentativo del suo legale di spiegare alla corte federale di Duluth che non è stata lei a condividere su Kazaa quei 1702 brani musicali e che non c'è modo di provare alcun legame, se non un'omonimia tra il nickname del programma peer-to-peer e il suo nickname su Myspace. «Se mi potessi permettere un analista dell'Fbi sarei sicura di provare quello che dico. Ma non ho i soldi» ha detto in tribunale. Sarebbe potuta andare peggio: se avessero applicato la sanzione a tutti i brani il conto sarebbe arrivato a quasi 16 milioni di dollari.
«Sebbene abbia perso questa battaglia mi rifiuto di perdere questa guerra» scrive la Thomas sul suo sito. Quale sarà il prossimo passo? «Intanto ho bisogno di un po' di calma, poi dovrò pensare a una strategia e a quali sono le opzioni». «Non intendo chiedere aiuto. Se qualcuno dovesse offrirmi del denaro, però, non lo rifiuterei» ha detto ancora. La rete si è già mobilitata con un appello sulla Craiglist e il primo blog, Free Jammie, aperto per essere sicuri che non debba pagare un centesimo alle grandi case discografiche.
Secondo BigChampagne, che si occupa di monitorare il p2p, il numero degli utenti non è affatto diminuito da quando nel 2003 la Riia ha iniziato a stringere la morsa sui singoli utenti, anzi è addirittura triplicato arrivando a contare da 3,8 a oltre 9 milioni di persone connesse allo stesso momento.
Osservo qualche punto,e mi pongo qualche domanda:
perchè devo spendere fior di euri per un cd se di quel cd mi piacciono solo un paio di canzoni?;
perchè le case discografiche non abbassano i prezzi dei cd(per me vendono a cifre vergognose anche dei prodotti che alla fine sono molto scadenti),dando la possibilità anche ad uno studente che non guadagna di fare almeno un pensierino sull'acquisto..Non si sa mai..se costassero di meno se ne acquisterebbero di più.;
perchè devono farmi girare i maroni mettendo in vendita su "Tv Sorrisi e canzoni" a prezzo abordabile un cd che magari sei mesi prima ho comprato e pagato il doppio?Ci cado una volta,la seconda aspetto il giornale e il cd lo pago di meno.Ovvero la cifra adeguata,che va dai 9 euri e 90 ai 12 euri.
Nessuno compra più i dischi e tutti scaricano dal web?
Care case discografiche,abbassate i prezzi e poi se ne riparla.
Intanto però non vi lamentate.