Le più belle canzoni di Vasco

Aperto da kraus, 23 Maggio 2007, 20:23:02

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kraus

Forse può essere utile, per analizzare più da vicino l'argomento, una rassegna delle canzoni di Vasco dai suoi esordi in poi.

Il primo disco "Ma cosa vuoi che sia una canzone" (1978) in alcuni brani presenta caratteristiche tipiche del Vasco Rossi già affermato negli anni seguenti. "La nostra relazione", il primo pezzo di questa discreta serie, si apre con una melodia larga, essenziale ma efficace nella sua malinconia, che potrebbe considerarsi un ritornello senza parole e sfocia dopo una ripetizione nella prima strofa. La tristezza di questa musica è uniforme e non lascia spazio ad altre emozioni: nell'organico è previsto un pianoforte, ma la parte riservata allo strumento è priva di virtuosismi. Per ciò che riguarda le sonorità e la cantabilità, i risultati sono già ottimi.

Molto melodiche sono anche E poi mi parli di una vita insieme, Silvia (il cui tema, ripetuto e leggermente variato di tanto in tanto, è uno dei più incisivi della raccolta) e Tu che dormivi piano, ma gli effetti migliori li ottiene senza dubbio Jenny (brano cinque): a parte le sottolineature della chitarra elettrica sulla frase "Jenny è pazza", l'inizio onirico, le angosciose, brevi frasi che fungono da introduzione e tutto il canto che segue sono emozionanti e ci danno la misura di quanto Vasco Rossi tenga in gran conto l'orecchiabilità di gran parte delle sue canzoni.

Se le trovate di Ambarabacciccicoccò (ad esempio la sorpresa finale) possono suscitare interesse, non c'è invece nulla da dire sul brano sette, "E il tempo crea eroi". "Ciao", il pezzo che chiude l'album, è garbato e ancora una volta assai semplice, ripetitivo ma ben scritto. Se Vasco avesse composto all'apice del suo successo queste canzoni, le avrebbero gradite senza riserve tutti i suoi ammiratori. All'epoca, invece, passarono inosservate e solo qualche anno più avanti sarebbero andate a ruba.

(Continua)    
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

kraus

"Non siamo mica gli americani" (1979) potrebbe essere tranquillamente un seguito dell'album che ho appena commentato: anche qui le melodie sono chiare, eccezion fatta per "Fegato spappolato", comunque notevole per il testo (in realtà esiste una versione assai piacevole di questo brano dove è più chiara la linea melodica). La canzone più popolare di questo gruppo è "Albachiara", la più bizzarra è "Va bé se proprio te lo devo dire". Nel primo caso, come già era avvenuto in Jenny, abbiamo un motivo lungo, introdotto da una frase sognante del pianoforte, esposto pianissimo e poi ripetuto da capo forte (una specie di variazione caratteriale); a lunghe sezioni cantate si alternano assoli per la chitarra elettrica: questo tipo di struttura troverà altre applicazioni nei dischi successivi. Nel secondo l'atmosfera è totalmente diversa, di una tranquillità sconcertante, ed evoca un passato lontano.

(Continua)
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

Angelica85

Per me sono:

Gli angeli
Alba chiara
Sally
Vita spericolata
Senza parole
Siamo soli
Tell me what I got to do
To make my life mean more to you......

kraus

"Colpa d'Alfredo" (1980) è da ritenersi un'evoluzione rispetto agli esiti precedenti: non tanto per le prime canzoni, "Non l'hai mica capito" e "Colpa d'Alfredo" (pure molto popolare e con un assolo), che lasciano una vaga impressione d'aridità, ma per la vivacità di "Susanna", la scatenata violenza di "Alibi" - che riprende l'inizio di "Fegato spappolato" ma assumendo subito un carattere ben diverso – di Sensazioni Forti e dell'esilarante Asilo Republic, tutti brani che, a differenza di quelli già passati in rassegna, all'ascolto non ci sembrano datati ancora oggi.
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

kraus

In "Siamo solo noi" (1981) si notano altri progressi: il titolo del disco è anche il nome della prima canzone, che pare, melodicamente e armonicamente, una variazione sul tema di Colpa d'Alfredo (se non addirittura una versione riveduta e corretta). Segue una delle invenzioni più gradevoli di Vasco, Incredibile Romantica: il refrain, nobilitato da un accordo di settima minore, risolve la schermaglia tra tonica e dominante. Dimentichiamoci questa città ha un andamento agitato: ciò genera un contrasto e assicura varietà. Voglio andare al mare ha un inizio semplice, calmo e cantabile, ma in alcune registrazioni la parte conclusiva è stata raddoppiata di velocità: ne risulta un comico e curioso effetto stridulo; il pezzo che segue immediatamente dopo, Brava, potrebbe essere senz'altro scritto dieci anni più tardi, se non altro per l'organico, ma non per l'assolo prolungato che è già una costante per il nostro cantautore; con Ieri ho sgozzato mio figlio raggiungiamo il culmine demenziale dell'album, ma anche il momento di maggiore tensione: la nota ribattuta ossessivamente sembra sbarrare il passo a qualsiasi intervento melodico consistente, ma nel finale si fa strada un tema disinvolto, su note acute, che integrato dal testo è un bell'invito alla risata per l'ascoltatore. Anche la canzone successiva, Che ironia, fa presa per alcune trovate, in particolare quella del parlato in sopracuti ("Non va più via") nelle battute di chiusura quando è già in azione la dissolvenza sonoro. Nel caso in questione non è da trascurare la presenza del coretto di voci femminili, fatto piuttosto raro per il nostro autore. Valium è un altro punto a favore del Vasco comico. Pochi accordi, una melodia stiracchiata, un testo che a un bel momento rifà il verso a una canzone di Gino Paoli. La velocità dipende dalle incisioni: in alcuni casi lenta e distesa, in altri mossa.
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

kraus

Al confronto con "Vado al massimo" (1982), il passo immediatamente successivo nella carriera di Vasco Rossi, "Siamo solo noi" sembra un cartone preparatorio. I 9 brani del disco sono tutti successi di pregevole fattura. Cominciamo con "Amore", che, nonostante il titolo, è quanto di più demenziale e strampalato si possa immaginare; il testo, pazzoide e scheletrico, si scontra con un impianto sonoro azzeccato e piacevole. Nella nostalgica "Canzone" troviamo passi melodici commoventi dopo un'introduzione scritta con classica maestria: è anche un brano piuttosto complesso, perché sebbene ogni nota sgorga spontanea dalla precedente, i temi non sono affatto elementari.  "Splendida giornata" è apprezzabile, ma è largamente superata dal canto esteso e beffardo del pezzo che segue, "La noia", dal fraseggio raffinato e assai adatto al tono del testo. A un filone più strambo appartiene "Sono ancora in coma", dove la melodia viene ripresa all'improvviso e molto modificata verso la fine dopo il consueto assolo interminabile. Il testo è ripetuto alla fine quasi per intero.
Nella breve e sorprendente "Cosa ti fai", il preambolo non riappare più in seguito, ma è abbastanza lungo da occupare una sezione data la sua struttura irregolare. Lineare invece fino all'estremo "Ogni volta", che affida a due melodie il compito di ristabilire la calma: la prima è un inciso variato di volta in volta che sarei tentato di chiamare progressione melodica; la seconda è un canto senza parole che ricorda quelli contenuti in Una canzone per te, Vivere, Laura eccetera.
E siamo finalmente al pezzo che dà il titolo al disco. "Vado al massimo" ha una storia travagliata, come ci riferisce un articolo dell'agosto '89 di Tutto compact: "Nel 1982 Vasco partecipò al suo primo festival di Sanremo con "Vado al massimo": si classificò ultimo sotto l'indifferenza della rassegna sanremese, ma le radio mandarono in onda il brano incessantemente". Non è indispensabile indagare sulle ragioni per cui una composizione così attraente e simpatica ha avuto una sorte controversa. Merita invece interesse la sua realizzazione strumentale, dolcemente esotica, che rappresenta una rarità nel repertorio del nostro cantante.
Il disco termina con "Credi davvero", esaltazione di un rock duro, esasperato e melodico. Stavolta l'assolo della chitarra elettrica raggiunge dimensioni allucinanti, tanto da credere che Vasco abbia espressamente fatto un omaggio al solista con questa canzone.  
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

cucciolc

Oddio se inizio a dire le canzoni che secondo me sono più belle non finisco più... però diciamo che al top metto
Anima fragile
Canzone
Una nuova canzone per lei
Un senso
Ogni volta ( live però mi piace molto di più)
Stupendo
Ciao
Brava
Incredibile romantica
Ridere di te
Sally
Gli angeli
C'è chi dice no
Siamo soli
Siamo solo noi
Albachiara


psssss rivoglio andare a vedere Vasco Liveeeeeeee ( scusate l'off topic)
 

Gius

Ne metto solo tre, per privilegiare il Vasco più rock, che è il mio preferito.

Siamo solo noi (senza quel riff di basso, non sarebbe stata mai la stessa)
Dimentichiamoci questa città (il classico esempio di come sia possibilissimo fare rock in italiano, senza nulla togliere "all'ispirazione" di Livin' after midnight)
Sono ancora in coma (rock italiano all'estrema potenza, probabilmente la mia preferita)

[;)]
"Un Rickenbacker è per sempre" (Gius)

kraus

Nel 1983 la celebrità è ottenuta con "Vita spericolata", che diventa un inno giovanile dopo la seconda partecipazione a Sanremo. Sono in gioco due temi, accompagnati inizialmente dai delicati arpeggi del pianoforte: il primo blandamente spavaldo in fa, il secondo in la minore, quasi trionfale. L'alternanza tra essi è naturale e non viene mai interrotta: sembra un dialogo, una domanda seguita da una risposta. Va da sé che "Bollicine", il nuovo disco, è tra i fenomeni musicali dell'anno. E' anche il titolo del brano che apre alla grande questa raccolta: non esalta particolarmente sotto l'aspetto melodico, bensì per quel che riguarda il testo – tra i più divertenti del repertorio – e la strumentazione, con tutte le aggiunte e le trovate che si trovano man mano che la musica procede. Abbiamo qui numerose sezioni separate (il riff iniziale, scarno e grazioso; due immediatamente successive introduttive alla strofa di apertura ecc.) che non contrastano tra loro in nome di una brillante tranquillità. Naturalmente gioca un ruolo speciale la voce strascicata, elemento comico e significativo.

Il secondo pezzo di "Bollicine" è considerato un altro capolavoro del Blasco e la sua più bella canzone d'amore, "Una canzone per te". Qui gli accordi giocano un ruolo importante per conferire profondità a questa atmosfera e rendere le sue sfumature commoventi. Quest'armonia così sottile riesce a sostituire la melodia per quasi tutta la durata del brano (è necessaria invece l'enunciazione del tema nelle ultime battute, quando Vasco intona "Ma le canzoni son come i fiori..:").  

Il testo di "Portatemi Dio" (assieme a quello di "Il tempo crea eroi" e soprattutto di "C'è chi dice no") lo avrebbero dovuto leggere quei cattolici che volevano il nostro cantante come "nuovo comunicatore dei giovani". Non è difficile comprendere quanto dissennata fosse una pretesa simile, dal momento che si sarebbero affidati a un ateo convinto. Per testo e per musica, Portatemi Dio è ben al di sotto delle due meraviglie che lo precedono nella raccolta. Il clima è livido e senza sorprese particolari. Dopo Vita Spericolata, di cui ho già parlato, è la volta di Deviazioni, un breve e violento saggio di rock duro, dal carattere essenzialmente ritmico, in cui solo alla fine si fa largo uno sprazzo di melodia, eppure incisivo.

"Mi piaci perché", con la sua spassosa armonia, si distingue dagli altri per il fatto che Vasco non canta quasi, piuttosto declama. Più convenzionale "Giocala", che a detta di alcuni sarebbe da inserire nelle selezioni: ma è debole la ripetizione letterale dell'unica strofa senza variazioni nella musica. "Ultimo domicilio conosciuto", infine, è un brano strumentale piacevole. Due sezioni melodiche si alternano senza contrasti; spicca l'assolo del sassofono nella seconda, uno dei momenti migliori di tutto il disco.
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

kraus


La raccolta del 1984, "Va bene, va bene così" presenta un solo inedito, che porta appunta il nome del disco. E' una dimostrazione dello stile a cui Vasco ha abituato il suo pubblico, ma priva della forza melodica che apprezziamo di lui: per quanto i temi siano chiari e orecchiabili, non sono esenti da superficialità.

Il 1985 è l'anno di "Cosa succede in città". Inteso come brano (e non il disco intero) è un pezzo atipico per la linea del canto, tagliente sul ritornello, ma è più che altrove un'espressione del Vasco Rossi autentico. Fa il paio con "Domani sì adesso no", che la segue a ruota ed è altrettanto potente. Mentre la terza, "Toffee", spezza questa tensione ma è senza carattere, "Ti taglio la gola" presenta tratti minacciosi – com'è giusto, dato il titolo – e altri bei passaggi melodici. Ma il vertice di "Cosa succede in città" è la canzone di chiusura, "Dormi dormi", basata sull'intreccio splendidamente dolce tra canto e accompagnamento. Come già era avvenuto in Albachiara, una parte tenera si alterna a un'altra massiccia; una coda sospesa tra sogno e realtà pone termine a questa gemma.
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

c_d_m

Non sono un'estimatrice di Vasco,non lo "estimo" molto[:D]
Una canzone però che ascolto sempre molto volentieri è "Colpa d'Alfredo".
Carpe diem quam minimum credula postero

c_d_m

kraus

Anche in "C'è chi dice no" (1987) le canzoni sono otto soltanto, ma estremamente varie e ricche di sfumature. Si va dall'asprezza dirompente di "Non mi va" (parente stretta di "Ti taglio la gola") alla quiete malinconica che si ammira in "Ridere di te", dalla raffinata mestizia di "Vivere una favola" alla sfrenata vivacità di "Lunedì".

Cominciamo da "Vivere una favola", che apre la serie: è un brano regolare e profondamente triste, inframezzato da alcuni passaggi desolati della chitarra, da prendere in considerazione più per il suo umore che per la struttura o per i suoi temi. Qui si fa già strada la tonalità di do# minore, che sarà poi quella di altri successi. Il pezzo che dà il nome all'album, "C'è chi dice no", è di carattere differente: esprime invece una rabbia acidamente contenuta e poi urlata senza riserve. Il testo accompagnato dall'armonia in tono maggiore spiega fin troppo bene il bersaglio che Vasco vuole colpire: qui vale lo stesso commento riportato poco più sopra a riguardo di "Portatemi Dio". Dovrebbe far riflettere il fatto che Vasco abbia dato alla raccolta il titolo di questo brano.

Il contrasto eccellente tra "C'è chi dice no" e la successiva "Ridere di te" mette in evidenza la varietà di queste musiche: qui regna assoluta la calma, sottolineata dall'armonia simile, per certi versi, a quella di "Una canzone per te" (accordi maggiori poi trasformati nei relativi minori), mentre la melodia è una linea perfetta e di semplicità assoluta. Ma è solo una pausa per riprendere fiato con "Blasco Rossi", canzone che ha contribuito parecchio a accrescere la fama del suo autore. Il testo, che illustra con una metafora un contesto singolarmente volgare, è annunciato dalla parte introduttiva, carica di tensione quanto ciò che viene dopo. Il ritornello è gridato e fugace, ma verrà ampliato poco prima della dissolvenza finale.    

Più distesa, ma sempre abbastanza rapida, è invece la melodia di "Brava Giulia" con le sue frasi agili, mentre "Ciao" – da non confondersi col pezzo strumentale di cui ho parlato all'inizio – è un canto pieno di nostalgia e dolcezza. Particolarmente intensa e anticonvenzionale la sequenza di accordi prima che il ritornello, semplice e personale, domini il brano quasi senza interruzione.
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

kraus

Con "Liberi...Liberi" (1989) Vasco si mantiene su una strada moderatamente melodica: ancora otto canzoni, tutte amate dal pubblico, ma assai differenti tra loro nel carattere e nella qualità. Piacevole e rapida la prima, Domenica Lunatica. Monocorde, ma ben scritta, Ormai è tardi. Il terzo brano, Muoviti, è quasi interamente strumentale nonché parecchio nervoso. Migliore la melodia di Vivere senza te, atipica quella del Tango della gelosia, il pezzo più originale della raccolta. La canzone che ha riscosso maggiori consensi, Liberi Liberi, è invece una delle più deboli: non per il testo melanconico, ma per l'atmosfera e per i temi, che sembrano sforzarsi vanamente d'apparire interessanti. Il crescendo lungamente meditato del penultimo brano, Dillo alla luna, con lo scoppio di rabbia lasciato in fondo, esprime invece un'opposizione efficace con Stasera, il pezzo finale, che pur essendo tranquillo riserva la sorpresa di una modulazione piuttosto ardita.

"Fronte del Palco" (1990) è un riepilogo delle precedenti raccolte. L'unico inedito, Guarda dove vai, è monotono ma presenta una melodia chiara e accattivante.
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

kraus

"Gli spari sopra" (1993) segna un grande ritorno. Se il livello della raccolta è invero discontinuo, non mancano però quelle canzoni che, da sole, rendono famoso un autore. Come già era accaduto con "Liberi liberi", il brano che dà il titolo al disco non è il pezzo migliore. "Gli spari sopra" è un'autentica gara di velocità e virtuosismo tra gli strumenti: purtroppo in questa gara perde la melodia, che per diverse battute è inesistente. Il brano che segue, "Vivere", regge il confronto col meglio della produzione di Vasco ed è senza dubbio la perla del disco col suo tema placido e cantabile, da cui ne emerge un altro, fischiettato e ancora più semplice dati i suoi larghi intervalli. L'atmosfera di "Vivere" si può trovare in pochi altri momenti nella musica dell'autore: una quiete sicura e indifferente che non viene mai turbata nemmeno dalle frequenti modulazioni. Al confronto la canzone immediatamente successiva, "Gabri", risulta una pallida fotocopia, per quanto i suoi temi meritino d'essere apprezzati.

A metà strada tra la rapidità esasperata degli "Spari sopra" e la tranquillità tangibile di "Vivere" sta la disinvoltura piacevole di "Ci credi", dove il testo, a tratti comicamente lapalissiano, lascia un ricordo gradevole. Buona anche la preparazione del ritornello principale dello "Show", mentre sono interessanti "Delusa", "Stupendo", "Non appari mai" e "Vuoi star ferma" – se non altro per conoscere il ritmo tipico di quest'autore. Dove invece Vasco è irriconoscibile è verso la fine del disco: sia la stucchevole "Occhi blu" (forse una delle sue peggiori composizioni, se è sua), che "Hai ragione tu" e "L'uomo che hai di fronte" danno un'impressione di opaca debolezza.
"La fatica in salita per me è poesia" (M. Pantani)
"A nde cheres de cozzula Jubanna? Si no t'hamus a dare pane lentu"

Tessera #1 del club "Rivogliamo l'icona col ciuccio"

Babymullen

A me l'unica che piace di Vasco Rossi è Bollicine!!!
Baby don't cry...